APPENNINO PERDUTO
MONTI GEMELLI
GRAN SASSO
MONTI SIBILLINI
MONTI DELLA LAGA
sito web e grafica: Giovanni Fusco_AP - 3478309626
Il Gran Sasso d'Italia (o semplicemente Gran Sasso) è il massiccio montuoso più alto degli Appennini e dell'Italia peninsulare, situato interamente in Abruzzo, nella dorsale più orientale dell'Appennino abruzzese, al confine fra le province di L'Aquila, Teramo e Pescara.
Composto da diversi e adiacenti gruppi montuosi e compreso tra i Monti della Laga a nord-ovest (da questi separato dall'alta Valle del Vomano e la Strada statale 80 del Gran Sasso d'Italia che l'attraversa), il teramano a nord-est, la piana di Assergi e la Conca Aquilana a sud-ovest, la Piana di Navelli e la Valle del Tirino a sud, le Gole di Popoli a sud-est, è un'area ambientale tutelata con l'istituzione del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e su di esso ricadevano la Comunità montana Gran Sasso e la Comunità montana Campo Imperatore-Piana di Navelli.
Dai suoi punti più distanti, ovvero il Passo delle Capannelle a nord-ovest e le Gole di Popoli a sud-est, il massiccio misura circa 50 km in lunghezza e 15 km in larghezza con un perimetro di circa 130 km; orientato da nord-ovest e a ovest a sud-est, come la grande maggioranza dei gruppi montuosi appenninici e preappenninici, ma con caratteristiche ben più aspre di alta montagna, fa parte della dorsale più orientale dell'Appennino abruzzese assieme alla Maiella più a sud e consta di due sottocatene principali parallele in senso longitudinale: la prima, più orientale e più aspra, si estende dal Monte Corvo (2.623 m; nord-ovest) al Vado di Sole (sud-est).
La sottocatena occidentale, meno elevata e aspra, si estende invece dal Passo delle Capannelle e dal Monte San Franco (2.132 m; nord-ovest) al Monte Capo di Serre (1.771 m; sud-est); al di là di questa zona centrale vi è un'ampia zona sud-orientale, chiamata dei "contrafforti occidentali"; questi sono caratterizzati da numerosi rilievi meno elevati: Monte Ruzza (1.643 m), Monte Bolza (1.904 m), Monte Camarda (1.384 m), Monte Cappucciata (1.802 m), Monte Picca (1.405 m) e molti altri, fino alle Gole di Popoli. Le cime maggiori si trovano nella sottocatena settentrionale: il Corno Grande (che consta di quattro vette principali, quella orientale (2.903 m), la centrale (2.893 m) il torrione cambi (2.875 m) e la maggiore, quella occidentale (2.912 m,[2] che è anche la vetta più alta di tutti gli Appennini continentali)) e il Corno Piccolo (2.655 m); incastonato dentro una conca e protetto dalle quattro vette che costituiscono il Corno Grande si trova il Ghiacciaio del Calderone, il secondo ghiacciaio più meridionale d'Europa.
Geomorfologia
Alternativamente il massiccio può essere suddiviso in tre grandi aree latitudinali: la parte settentrionale dal Passo delle Capannelle al Monte Portella che raggruppa le cime maggiori, la parte centrale corrispondente all'altopiano di Campo Imperatore con le sue cime e la parte meridionale che degrada dolcemente da Campo Imperatore fino alla Valle del Tirino e all'Altopiano di Navelli con i suoi borghi montani; nel cuore del massiccio, tra le due sottocatene, è presente il vasto altopiano di Campo Imperatore e tra le cime maggiori la conca di Campo Pericoli, oltre che profonde valli che ridiscendono tra le suddette cime (es. Valle del Paradiso, Val Chiarino, Val Maone, Valle del Venacquaro, Valle dell'Inferno); da un punto di vista geomorfologico, il massiccio presenta scenari paesaggistici abbastanza diversi e unici nei due versanti: quello occidentale aquilano scosceso, ma prevalentemente erboso, e quello orientale teramano a maggior dislivello più aspro e roccioso.
Complessivamente l'altitudine, la composizione delle rocce, il tipo di erosione a cui è stato soggetto, fanno del Gran Sasso la montagna appenninica più simile ai gruppi alpini dolomitici; data la sua elevazione, che la differenzia dalle altre catene appenniniche, il massiccio è ben visibile da tutti i principali gruppi montuosi dell'Appennino centrale e oltre, dal Monte Conero al Gargano e anche - nelle giornate particolarmente limpide - dai massicci montuosi della Dalmazia (Alpi Dinariche).
Elenco delle cime principali in ordine di altezza
Corno Grande, Vetta Occidentale 2912 m
Corno Grande, Vetta Orientale 2903 m
Corno Grande, Vetta Centrale 2893 m
Corno Grande, Torrione Cambi 2875 m
Corno Piccolo 2655 m
Pizzo Intermesoli, Vetta 2635 m
Monte Corvo 2623 m
Monte Camicia 2564 m
Monte Prena 2561 m
Pizzo Cefalone 2533 m
Monte Aquila 2494 m
Pizzo Intermesoli, Vetta Settentrionale 2483 m
Monte Infornace 2469 m
Cima delle Malecoste 2444 m
Gendarme delle Malecoste (Cima Wojtyla o Giovanni Paolo II) 2425 m
Monte Portella 2385 m
Monte Brancastello 2385 m
Torri Casanova 2362 m
Pizzo di Camarda 2332 m
Monte Tremoggia 2331 m
Picco Pio XI 2282 m
Monte della Scindarella 2233 m
Monte Brancastello, Anticima Orientale 2230 m
Pizzo S. Gabriele 2214 m
Monte Ienca 2208 m
Monte S. Franco 2132 m
Il Morrone 2067 m
Monte Siella 2027 m
Cime della sub-catena nord-orientale da nord a sud
Monte Cardito 1740
Colle delle Monache 1942
Colle Abetone 1775 m
Monte Corvo 2623 m
Pizzo Intermesoli 2635 m
Corno Piccolo 2655 m
Corno Grande
Torrione Cambi 2875 m
Vetta Centrale 2893 m
Vetta Occidentale 2912 m
Vetta Orientale 2875 m
Monte Aquila 2494 m
Monte Brancastello 2385 m
Monte Infornace 2469 m
Monte Prena 2561 m
La Cimetta 2266 m
Monte Camicia 2564 m
Dente del Lupo 2297 m
Monte Tremoggia 2331 m
Monte Coppo 1987 m
Monte Siella 2027 m
Monte S. Vito 1892 m
Monte Guardiola 1808 m
Monte Cappucciata 1801 m
Cima della Cioccola 1581 m
Monte Cimone 1404 m
Colle Madonna 1350 m
Cime della sub-catena nord-occidentale da nord a sud
Colle della Befana 1363 m
Monte San Franco 2132 m
Colle Fiorentino 1410 m
Il Morrone 2067 m
Colle dei Briganti 1525 m
Monte Ienca 2208 m
Pizzo di Camarda 2332 m
Cima delle Malecoste 2444 m
Gendarme delle Malecoste 2425 m
Pizzo Cefalone 2533 m
Monte Portella 2385 m
Geologia
Corno Grande in inverno da Campo Imperatore
Dal punto di vista geologico è un massiccio di origine sedimentaria costituito da calcari, dolomia, generalmente compatti, e marne. Originatosi circa 6 milioni di anni fa (Miocene), nel contesto dell'emersione degli Appennini, subì successivamente fasi di spinta e compressione che generarono una serie di fratture e di abbassamenti (Val Charino, Valle del Venacquaro, Val Maone, Campo Pericoli, Campo Imperatore). Su queste, a partire da 600.000 (Günz) fino a circa 10.000 (Würm) anni fa, agirono le forze erosive delle glaciazioni. Queste ultime hanno lasciato segni particolarmente evidenti, soprattutto sul versante settentrionale del gruppo: piccoli circhi glaciali caratteristici sono individuabili, ad esempio, nella zona del Monte San Franco (valli dell'Inferno e del Paradiso), ma anche in prossimità del Monte Aquila e del Monte Scindarella.
Laghetto Pietranzoni, sulla piana di Campo Imperatore, sullo sfondo il Corno Grande.
I ghiacciai più grandi rappresentavano punti di convergenza naturali di questi circhi glaciali posti più in alto; ad esempio, il ghiacciaio che occupava Campo Pericoli si alimentava dai circhi posti a nord delle creste del Corno Grande, del Monte Aquila, del Monte Portella e del Pizzo Cefalone. In queste conche la neve si compattava e si trasformava in ghiaccio, che confluiva nella Valle del Venacquaro e in Val Maone verso Pietracamela, dove sono visibili ancora oggi resti morenici risalenti alla glaciazione del Riss. Poiché le glaciazioni successive hanno cancellato i segni lasciati da quelle precedenti, e poiché la glaciazione del Riss è antecedente a quella del Würm, questa morena rissiana è una delle rare prove del fatto che le valli del Gran Sasso sono state occupate dai ghiacciai più e più volte nel corso del Neozoico.
Il 22 agosto 2006 nella parete nord-est (il paretone) del Corno Grande, a causa di normali processi erosivi, si è verificata una frana di grandi dimensioni (da 20.000 a 30.000 m³ di roccia si sono distaccati dal quarto pilastro), senza conseguenze sull'incolumità pubblica. Il 23 agosto 2016 a causa del sisma che ha colpito Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto e altri paesi dell'Appennino Centrale è franato un pezzo del Corno Piccolo.
Idrologia
Ghiacciaio del Calderone (Luglio 2013)
Le Cascate del Vitello d'Oro, situate nel territorio del comune di Farindola, sono considerate le cascate più spettacolari del massiccio del Gran Sasso d'Italia, con un salto di circa 28 m. Altre importanti cascate sono la cascata di Bisenti con un salto di circa 70 m e le Cascate del Ruzzo entrambe nel territorio del comune di Isola del Gran Sasso.
Glaciologia
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Ghiacciaio del Calderone.
Il massiccio ospita il Ghiacciaio del Calderone, posto sul versante settentrionale del Corno Grande, tradizionalmente considerato il ghiacciaio più meridionale d'Europa; in tutta l'area sono inoltre presenti anche alcuni glacio nevati e nevai: i più importanti si trovano alle pendici del Corno Piccolo, sotto uno sperone roccioso a metà strada tra il Rifugio Franchetti e la Sella dei Due Corni, noto come glacionevato Franchetti; sul Monte Infornace in un canalone fino alle vicinanze della vetta, innevato solitamente tutto l'anno, è presente invece il Nevaio di Fonte Rionne; nei pressi del Monte Camicia sono presenti due nevai perenni uno dei quali a circa 1150 m noto come Nevaio del Fondo della Salsa. Numerose, d'inverno, sono le cascate di ghiaccio, alcune delle quali si trovano alla base del Monte Camicia, sempre nella zona del Fondo della Salsa, mentre altre cascate importanti sono Ghiaccio del Sud e la Cascata del peccato.
Storia
Origine del nome
Monte Aquila da Campo Imperatore
Chiamato dagli antichi Romani Fiscellus Mons (Monte Ombelico) per la sua posizione centrale nella penisola italiana (Catone, Plinio, Silio Italico), questo massiccio montuoso era denominato nel Medioevo Monte Corno, dizione che serviva ad indicare sia il Corno Grande sia – per estensione – l'intera catena.
Secondo il celebre geografo Roberto Almagià, la denominazione "Gran Sasso" è molto tarda e risalirebbe addirittura al Rinascimento. Per questo autore, il primo abbozzo del toponimo è da ricercarsi in un poemetto del 1636 scritto da Francesco Zucchi di Montereale, in cui si fa riferimento al massiccio come al «Sasso d'Italia». Il primo documento in cui entrambe le denominazioni compaiono senza possibilità di equivoco è la "Carta topografica del Contado e della diocesi dell'Aquila" (seconda metà del XVIII secolo), nella frase: «Monte Corno overo Gran Sasso d'Italia». A dare conferma alle parole dell'Almagià sembra essere la consuetudine delle popolazioni locali che, ancora oggi, nei paesi che circondano la montagna, fanno riferimento al massiccio utilizzando il toponimo "Monte Corno".
Dalla preistoria all'età moderna
Monte Brancastello da Campo Imperatore
Il massiccio del Gran Sasso risulta popolato da almeno 100.000 anni: frammenti del femore di un uomo di Neandertal di circa 14 anni di età, vissuto 80.000 anni fa durante il Paleolitico, sono stati trovati nella zona di Calascio, in alcune anguste cavità rocciose, chiamate "Grottoni", a quota 670 m s.l.m. (si tratta dei resti del più antico Neandertal ritrovato in Abruzzo). Negli anfratti rocciosi c'erano anche schegge ossee di molti differenti animali, il che fa supporre che le specie cacciate fossero numerose: il lupo, il leopardo, il cavallo, la iena delle caverne, e finanche i topi e le lucertole, mentre tra gli ungulati, prede privilegiate erano il cervo, il camoscio, il capriolo ed il bue ancestrale. Frammenti di carbone e scaglie di selce hanno consentito di ricostruire le abitudini di questi Neandertal; essi macellavano le prede nelle grotte e le consumavano crude o le arrostivano su fuochi di legno di ginepro e di abete; ricavavano le punte delle lance dalle rocce del Monte Scarafano e del Monte Bolza.
Reperti ritrovati a Campo Pericoli attestano che, in Età del bronzo, i cacciatori preistorici traversavano il territorio da Campo Imperatore a Campo Pericoli attraverso i valichi della Portella e della Sella dei Due Corni. In quest'epoca (XIII-XI secolo a.C.) vi era certamente un insediamento di cacciatori-raccoglitori nella zona di Rocca Calascio, come dimostrano resti di ceramiche rinvenuti in loco ed una punta di freccia, in bronzo, con due fori, considerata, ancora in anni recenti (2000), unica in Italia. Scavi effettuati nella Grotta a Male[4], a 2 km da Assergi, confermano la permanenza stanziale dell'uomo in quest'area nell'Eneolitico e nell'Età del Ferro.
Versante aquilano del Gran Sasso visto dalla Conca aquilana
I numerosi passi che mettono in comunicazione il versante teramano con quello aquilano favorirono, fin dalla preistoria, un intenso scambio commerciale fra l'economia prevalentemente agricola del versante settentrionale e quella basata sulla pastorizia del versante meridionale. In epoca storica, vi sono testimonianze di un intenso sfruttamento di Campo Imperatore come pascolo. Dopo la ricompattazione del Sud Italia operata dai Normanni, in questa zona vennero aperti numerosi tratturi[5], cioè vie di transito per la transumanza delle bestie, utilizzati dai pastori per condurre le mandrie ai pascoli del Tavoliere delle Puglie prima dell'arrivo dei rigidi mesi invernali.
Un altro, interessante, commercio che è stato presente nel territorio, e di cui si ha certezza che fosse già praticato nel XVI secolo, è lo sfruttamento della neve. Questa, ricavata da nevai presenti in quota, veniva stoccata in pozzi profondi anche 20 metri ed utilizzata d'estate per la produzione di sorbetti e per usi medicali. Il commercio della neve era regolamentato dai comuni, che stabilivano apposite tariffe per le concessioni demaniali, e che stilavano anche tabelle di valutazione del prodotto. La neve, principalmente, veniva distinta in "nera", il che significava che era stata raccolta nei dintorni dei paesi, quindi senza garanzia di purezza; e in "candida", denominazione che indicava la provenienza dalle zone di alta montagna. Questo tipo di attività commerciale è perdurato fino agli inizi del Novecento.